a cura di Laura Olivero
Nell’antica Grecia e nell’antica Roma l’attività fisica era considerata una vera e propria terapia, uno stile di vita tanto che Celso, filosofo greco del II secolo d.C., prescriveva l’esercizio fisico come profilassi, affermando che è necessario “tenersi in esercizio, se è vero che l’inerzia fiacca il corpo mentre la fatica lo rinforza: quella avvicina alla vecchiaia, questa prolunga la giovinezza”.
Nei secoli a seguire gli intellettuali spesso hanno giudicato negativamente tale comportamento. L’esercizio fisico veniva da loro spesso considerato una distrazione e una possibile fonte di peccato. Nel Medioevo ci fu qualche divergenza di opinione fra San Bernardo, che affermava che l’anima fiorisse di più in un fisico debole e malato, ed Avicenna, che sosteneva l’utilità dell’attività fisica “purché fosse leggera, per non “riscaldare” troppo l’organismo, per evitare la diffusione delle impurità presenti al suo interno”1.
Alcuni secoli dopo, nel 1569, un nobile italiano di nome Girolamo Mercuriale scrisse “Il De Arte Gymnastica”, quello che in molti considerano il primo manuale di Medicina dello Sport, esponendo le sue teorie con una modalità più ‘scientifica’. Questo testo poneva le basi, anche mediante la ricerca dell’esatta definizione di ogni termine utilizzato, per una vera e propria ‘scienza dell’esercizio fisico’. Gli intellettuali di quell’epoca ignoravano i benefici dell’attività fisica, in contrapposizione alle persone appartenenti ad altri strati sociali in cui di movimento e fatica ne facevano addirittura troppi in relazione alla quantità di cibo assunto e alle condizioni di vita generali. Ciò perdurò fino all’inizio del XX secolo: la salute di ampie fasce di popolazione veniva messa a rischio non dall’inattività fisica ma dall’eccessivo esercizio non supportato da una corretta alimentazione.
L’epoca moderna è contraddistinta invece da una situazione esattamente opposta: troppo spesso le persone non eseguono sufficiente attività motoria o addirittura non ne fanno nel modo più assoluto. L’inattività fisica e la sedentarietà rappresentano un problema di salute pubblica a livello globale. In tutto il mondo, 1 adulto su 4 e 3 adolescenti su 4 (di età compresa tra 11 e 17 anni), non svolgono attività fisica secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). In alcuni paesi, i livelli di inattività possono arrivare fino al 70%, a causa del cambiamento dei modelli di trasporto, dell'aumento dell'uso della tecnologia e dell'urbanizzazione. Nella maggior parte dei paesi, ragazze, donne, anziani, gruppi svantaggiati, persone con disabilità e malattie croniche hanno minori opportunità di essere fisicamente attivi e ciò porta a uno squilibrio del bilancio energetico, fra introduzione di calorie e spesa di energia2,3.
Fu il professor Jeremy Morris a pubblicare per primo uno studio nel 1958 sul British Medical Journal nel quale mise in relazione l’aumento dell’incidenza di malattie cardiovascolari rispetto a comportamenti sedentari in alcune categorie di lavoratori. Egli condusse un sondaggio su larga scala prendendo in esame i dipendenti della compagnia pubblica di trasporto di Londra, notando che i conducenti degli autobus a due piani di Londra avevano tassi più elevati di incorrere in alcune malattie cardiovascolari rispetto ai controllori.
Si formulò dunque la seguente ipotesi: i lavoratori fisicamente più attivi (controllori) presentavano una minore incidenza di malattie coronariche rispetto ai colleghi fisicamente inattivi (autisti) e la malattia non era così grave nei lavoratori fisicamente attivi, tendendo a presentarsi prima come angina pectoris e altre forme relativamente più benigne, e avere un tasso di mortalità prematura inferiore.
Morris, per dare valore alla propria tesi e controbattere alle contestazioni di chi metteva in dubbio i risultati dell’indagine, decise di estendere lo studio negli anni successivi ai dipendenti delle poste dimostrando anche in tale circostanza che i postini fisicamente più attivi (a quei tempi la posta si consegnava in bicicletta) incorrevano in meno attacchi cardiaci rispetto ai colleghi come telefonisti e impiegati 4,5.
BIBLIOGRAFIA
- “Nel Mito di Olimpia. Ginnastica, educazione fisica e sport dall’antichità ad oggi”- Gabriella Aleandri- Armando Editore.
- https://www.who.int/en/news-room/fact-sheets/detail/physical-activity
- https://www.newyorker.com/magazine/2017/11/06/a-pill-to-make-exercise-obsolete
- https://academic.oup.com/ije/article/30/5/1184/724212
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2027542/